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giovedì 9 febbraio 2012

“ASSURDO DELIRIO” in DELITTO E CASTIGO di F. DOSTOEVSKIJ

Domenica, 02 Maggio 2010



Raskòl’nikov trascorse all’ospedale l’ultima parte della quaresima e l’intera Settimana Santa. Quand’era già convalescente, ricordò alcuni sogni fatti giacendo a letto con la febbre e il delirio. Una volta aveva sognato che tutto il mondo era condannato a esser vittima di una tremenda, inaudita pestilenza, mai vista prima, che avanzava verso l’Europa dal fondo dell’Asia. Tutti erano destinati a perire, tranne pochi, pochissimi eletti. Erano comparse certe nuove “trichine”, esseri microscopici che penetravano nel corpo umano. Ma questi esseri erano spiriti, dotati di intelligenza e volontà. Gli uomini che le accoglievano dentro di sé diventavano subito indemoniati e pazzi, eppure non si erano creduti cosi intelligenti e infallibili come dopo il contagio. Mai avevano ritenuto più giusti i loro giudizi, le loro conclusioni scientifiche, le loro categorie e convinzioni morali. Interi villaggi, intere città e nazioni venivano infettati e cadevano in preda alla pazzia. Tutti vivevano nell’ansia e non si capivano a vicenda, ciascuno ritenendo di esser l’unico depositario della verità; e ciascuno, guardando gli altri, si tormentava, si batteva il petto, piangeva e si torceva le mani. Non sapevano chi e come giudicare, non riuscivano ad accordarsi nel giudicare il bene e il male. Non sapevano chi condannare e chi assolvere. Gli uomini si uccidevano tra loro, presi da una rabbia assurda e forsennata. Si preparavano a combattersi con interi eserciti, ma gli eserciti, già in marcia, a un tratto cominciavano a dilaniarsi da soli, le file si scompaginavano, i guerrieri si slanciavano l’uno contro l’altro, si infilzavano e si sgozzavano, si mordevano e si divoravano tra loro. Nelle città le campane suonavano a stormo tutti il giorno: venivano chiamati a raccolta tutti, ma nessuno sapeva chi fosse a chiamare e a che scopo, e tutti erano in angoscia. Avevano abbandonato i normali mestieri, perché ciascuno proponeva le proprie idee, le proprie innovazioni, e non riuscivano a mettersi d’accordo. L’agricoltura era paralizzata. A volte la gente si radunava in gruppi; si mettevano d’accordo su qualcosa, giuravano di non separarsi più, ma subito dopo si mettevano a fare una cosa completamente diversa da quella che loro stessi avevano proposto e ricominciavano a incolparsi reciprocamente, ad azzuffarsi e a scannarsi. Scoppiavano incendi, Venne la carestia. Tutti e tutto andava in malora. La pestilenza aumentava e avanzava sempre più. nel mondo intero, solo pochi uomini avevano potuto salvarsi, i puri e gli eletti predestinati a da vita a una nuova razza umana e a un nuovo modo di vivere, a rinnovare e purificare la terra; ma nessuno aveva mai visto da nessuna parte questi uomini, nessuno aveva udito mai le loro parole e la loro voce.
             Raskòl’nikov soffriva perché questo assurdo delirio continuava a tornare nel suo ricordo a suscitare in lui un’eco triste e tormentosa; l’impressione suscitata da quei vaneggiamenti febbrili non accennava a lasciarlo. Era già la seconda settimana dopo Pasqua; le giornate erano tiepide, limpide, primaverili; nella corsia destinata ai detenuti avevano aperto le finestre…
                                               Delitto e castigo di F. Dostoevskij: pp. 628-9. (Traduzione di Matteo Grati. Baldini Castoldi Dalai ed. 2009: )


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